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Titolo: Sindacalismo libero, legge e contrattazione collettiva

Autore: Mario Grandi

Collana: Officine »»

Anno: 2003, aprile

ISBN: 88-88110-02-X

Pagine: 330

Prezzo: 15,00 Euro

Note:
La libertà del sindacato, l’incontro con le libertà degli altri soggetti, il contratto come strumento di questo incontro, il rapporto fra questa libera azione e il potere delle istituzioni pubbliche. Sono questi argomenti che proponiamo attraverso una selezione di contributi elaborati da Mario Grandi nell’arco di quattro decenni. Scritti che testimoniano una riflessione forte quanto a presupposti culturali e rigorosa nel metodo di ricerca, che ha come punto di partenza un’attenta osservazione della realtà e dell’evoluzione dei rapporti sindacali e che privilegia le dinamiche di lungo periodo rispetto alle mode e alle emergenze del momento.

I contributi che presentiamo, alcuni dei quali finora inediti, offrono così spunti di riflessione per chi voglia puntare sul libero sindacato come ipotesi migliore per rappresentare i lavoratori nella società post-industriale.

Presentazione

Questo libro, da un certo punto di vista, nasce da un’idea sbagliata.
Quando abbiamo deciso di raccogliere alcuni degli scritti che il professor Mario Grandi ha dedicato ai temi del sindacato e del rapporto fra legge e contrattazione, avevamo in mente qualcosa di simile ad un omaggio ed un ringraziamento ad una persona con la quale avevamo avuto molte occasioni di incontro, e che ci aveva saputo offrire, in più occasioni, utili argomenti di riflessione.

Non che mancassero motivi per omaggi e ringraziamenti; ma piano piano ci siamo resi conto che era sbagliato proporre ai lettori di oggi un libro che guardasse al passato. Perché molti sono gli spunti, nelle pagine che pubblichiamo, che possono parlare al sindacato di oggi.

Grandi, formatosi sindacalmente alla scuola del professor Mario Romani e per formazione scientifica aperto, fin dalle prime ricerche, alle esperienze sindacali più significative del mondo anglosassone, è stato il più tenace fra gli studiosi nel sostenere fino in fondo una tesi cara alla Cisl fin dalla sua fondazione, e cioè che per il sindacalismo libero e autonomo, l’intervento della legge non è da considerare come la soluzione ai propri problemi; perché tanto più ci si affida al parlamento (e quindi si manda il lavoratore davanti al giudice), tanto più il sindacato si trova privo della possibilità di sviluppare la propria azione attraverso lo strumento della contrattazione. Uno strumento che invece è preferibile, per la sua adattabilità alle diverse situazioni e per la sua rinnovabilità continua, che permette alle parti di verificare la validità delle soluzioni identificate e correggere progressivamente i difetti, senza bisogno di spostare la questione a livello delle decisioni politiche.

È per questo, e non per paura dell’intervento legislativo, che la Cisl ha sempre detto di preferire il contratto alla legge. Anche se poi, nella concretezza delle situazioni, i rapporti di forza hanno spesso giocato a sfavore di questa impostazione. Così è accaduto che la strategia della Cisl di preferire il contratto alla legge ha avuto alcune importanti vittorie (a cominciare dalla mancata attuazione dell’articolo 39) ma ha dovuto tante volte scendere a compromessi.

Oggi però ci troviamo in una fase nuova, in cui i sindacati non possono più ragionare in termini ‘nazionali’, come avveniva fino a poco tempo fa, ma hanno di fronte un orizzonte nell’azione di tutti i giorni, che è già europeo e per molti versi ‘globale’. E questo non è senza conseguenze, anche per il problema del rapporto fra legge e contratto.

Fin tanto che l’orizzonte dei problemi sindacali era quello nazionale, si poteva infatti credere che l’intervento della legge dello stato nazionale potesse essere un’alternativa utile all’azione contrattuale autonoma del sindacato; ma oggi questo non è più pensabile, perché i problemi che il sindacato ha davanti hanno una dimensione che supera i confini dello stato, e quindi i limiti di applicazione della legge. Mentre è possibile, e qua e là lo si comincia a fare, creare forme di azione sindacale transnazionale (o direttamente internazionale) per agire in modo libero e autonomo nell’esercizio della nostra autonomia.

L’Europa, e anche il mondo della globalizzazione, chiedono la presenza del sindacato; ma il sindacato non può aspettare che esistano leggi europee o mondiali per rispondere a questa chiamata. Deve invece usare della propria libertà e della capacità di organizzare i lavoratori e promuoverne gli interessi in modo adeguato, sia su grande scala, sia nel dare risposte precise alle precise esigenze dei lavoratori del terzo millennio.

Il lavoro che cambia si muove secondo dinamiche sovranazionali, ma crea anche lavoratori che hanno bisogni e interessi sempre più specifici e particolari, che non possono trovare risposte nelle formule generali e astratte delle leggi; più adeguato è invece il contratto, capace di costruire risposte concrete e su misura, in un contesto di libertà che travalica i confini degli stati e la validità delle leggi.

Ma questo compito richiede al sindacato un lavoro su due livelli, uno pratico ed uno culturale. Per quello pratico, la responsabilità è tutta dei dirigenti sindacali; per quello culturale è possibile invece continuare ad attingere alla grande lezione della libertà sindacale dataci dai padri fondatori della Cisl. Una lezione di cui Grandi è stato, ed è, uno dei testimoni più significativi.

Albino Gorini, Segretario generale della Fai-Cisl


 
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